domenica 26 febbraio 2012

Contro l'accademia - parte seconda


In your modesty you seem to consider that writers are of different blood and bone from yourselves; that they know more of Mrs. Brown that you do. Never was there a more fatal mistake. It is this division between reader and writer, this humility on your part, these professional airs and graces on ours, that corrupt and emasculate the books which should be the healthy offspring of a close and equal alliance between us.

Virginia Woolf ci ricorda in questo meraviglioso saggio dal titolo Mr Bennet and Mrs Brown che, scrittori o lettori, partecipiamo tutti allo stesso processo di osservazione e creazione del mondo.

Gli studiosi spesso lo dimenticano e si fanno assalire da un terribile senso di inferiorità che li porta a scomporre, analizzare e pietrificare ciò che invece ha bisogno di essere re-immaginato e re-raccontato. In questo modo, all'ascoltatore o al lettore la letteratura non potrà far altro che sembrare strana e anche un po' superflua.

Se vogliamo essere insegnanti o se, più semplicemente, abbiamo l'intenzione di presentare le nostre letture ad altri, dovremmo innanzitutto abbandonare ogni forma di complesso e di reverenza. E sentirci capaci anche noi di immaginare e scrivere di una qualunque Mrs Brown incontrata sul treno, sul tram, sull'autobus, sull'aereo. Forse allora riusciremo a vedere e a sentire più che a capire. Apprezzeremo e trasmetteremo l'importanza del chiedersi come vedono o sentono gli altri e come vedevano e sentivano quelli che c'erano prima di noi.

O almeno credo

?__?

venerdì 24 febbraio 2012

Di quando, pur di non studiare, si dà la colpa a tutto il sistema

Lo devo ammettere: quando nel mio lavoro di tesi passo ad esaminare il contesto italiano vengo assalita da una sensazione di scoramento. Proprio non mi piace. La gran parte della critica italiana mi deprime e i romanzi mi sembrano simili, tutti segnati dalla pesante figura dell'inetto, dell'incapace, del personaggio che è un abbozzo di se stesso, che è una maschera. E' colpa del canone che ha tramandato autori che rispondevano a questi criteri o è la creatività degli scrittori degli anni venti ad essere stata in un certo senso monocorde? La seconda ipotesi mi sembra alquanto improbabile. Se a livello formale il romanzo italiano ha saputo fare propria la lezione del romanzo russo ed inglese introducendo tutto sommato importanti novità, è nella scelta dei temi che la noia sembra dominare incontrastata. Ma io non mi rassegno. Non posso credere che il pubblico e la critica amassero romanzi  che rappresentavano tutti la stessa parabola di inadeguatezza alla vita. La tesi sugli anni venti a cui sto lavorando certo non sarà sufficiente a fare luce su esperienze romanzesche differenti e sarò costretta a sciropparmi critica noiosa e ad analizzare inetti ed indifferenti, ma sicuramente dentro di me una convinzione è sempre più forte: a scuola (e nelle università) la letteratura si studia in maniera troppo teorica, per grandi schemi e grandi linee, nell'intento di semplificare ma con il risultato di appiattire.
Per fortuna il contesto europeo tiene alto il morale e incoraggia al proseguimento della ricerca.

O più probabilmente sono io che ho bisogno di una pausa, ma non  me la voglio concedere e quindi è colpa del romanzo italiano e blablabla

:D

sabato 18 febbraio 2012

L'anitra selvatica

Ho appena finito di leggere L'anitra selvatica di Ibsen. Scritto nel 1884 e messo in scena l'anno successivo, questo dramma sconvolse il pubblico europeo sin dalla sua uscita.

E' più giusto l'atteggiamento di Gregers che ha per missione la verità e che svela ad Hjalmar che il suo matrimonio è fondato sulla menzogna, oppure ha ragione il medico Relling  nel nutrire l'immaginazione di Hjalmar di false speranze e di alimentare la menzogna in cui egli vive?
I personaggi, così vicini al raggiungimento della felicità, si lasciano sommergere da un malessere sotterraneo e inesplicabile. Cos'è questa parola intima che diviene man mano sempre più forte ed ineluttabile?
E chi è quest'anatra selvatica che è stata strappata al mare e che vive in un armadio?
Una pièce bellissima. Un dramma misterioso e polifonico che, pur avendo la struttura del dramma borghese, riesce ad essere rivoluzionario e dirompente.
Una lettura breve e coinvolgente, che punta dritto al cuore. Assolutamente consigliata.