Un critico dovrebbe portare in dono i Nuovi versi alla Lina di Saba a un uomo abbandonato, e non per consolarlo, ma perché possa intuire che il lavoro durissimo che ci tocca in sorte è fare di un destino una figura musicale. Dovrebbe sbattere in faccia gli ultimi canti dell'Odissea ai fascisti che odiano l'immigrato, e non per educarli, ma perché possano sospettare che è gradito agli dèi solo chi sa accogliere il viandante sconosciuto, ascoltare il suo racconto, mentre per gli altri ci sarà solo la freccia impassibile di Ulisse. La nostra anima è questo: intuire e sospettare. La possibilità perenne di un'apertura. Ciò che avviene nella letteratura è il miracolo di un inchino reciproco, di uno sfiorarsi di labbra, tra l'anima e il mondo.
(E. Trevi - Istruzioni per l'uso del lupo)
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